Lunga vita agli “old media”

Tv09b
   

In questi giorni, buttando giù un articolo sulla storia di Beppe Grillo, mi è capitato di approfondire qualche informazione sul suo conto. Spulciando le notizie relative al suo sito Internet – tecnicamente un blog, ma senza una vera interazione tra l’autore e i visitatori -, ho saputo qualcosa in più della Casaleggio Associati, la società cui Grillo si è affidato per produrre e gestire il sito stesso. Fu lo stesso Gianroberto Casaleggio  (ex amministratore delegato della Webegg del gruppo Olivetti), a far cambiare idea al comico, fino ad allora tecnologicamente scettico, sul mondo di Internet e sulle sue potenzialità.

    La visione di Casaleggio a proposito dei media è racchiusa in un video intitolato "Prometeus – the future of media", accessibile dalla home page della società. A prescindere da qualche dettaglio inquietante – come la frase di esordio "Man is God", che mi sembra quanto meno un po’ azzardata; o come il simbolo del triangolo con l’occhio al centro, che appare verso la fine del filmato e  sa tanto di Codice Da Vinci -, e dall’atmosfera che  ricorda vagamente un romanzo di Orwell o di Huxley, si sostiene una tesi piuttosto comune, che non per questo diventa più convincente. In cosa consisterebbe il new media world? Come molti media guru della nostra epoca, anche Casaleggio sostiene che gli old media spariranno progressivamente, sostituiti – o risucchiati – da Internet. Vittima eccellente sarebbe naturalmente la televisione: non solo nella sua versione tradizionale, quella analogica, ma addirittura in quella riveduta e tecnologicamente corretta del digitale terrestre. Le "prove" addotte per dimostrare l’inesorabile tendenza sono tutte già sentite: la crisi del copyright, liinutile criminalizzazione del peer-to-peer, l‘exploit dell’informazione online, il successo dei blog e di Second Life. Da qui dovrebbe innescarsi un futuribile crescendo che, secondo la spinta immaginazione dei creatori del video, condurrebbe alla fusione di giganti come Google e Microsoft, al commercio delle memorie e al trionfo della vita virtuale.

Tralasciando il giudizio sulle qualità profetiche di Casaleggio, e sulla sottile vena di angoscia che iniettano nello spettatore, mi domando come esperti così attenti all’evoluzione della mediasfera possano ancora vaticinare la scomparsa tout court di mezzi di comunicazione, di cui si vagheggia almeno da due secoli (dapprima relativamente alla stampa, al cinema e alla fotografia, poi alla radio) senza esito alcuno. La storia dei media mostra invece che anche in questo campo possiamo dare ragione Lavoisier: nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Sebbene ogni nuovo mezzo di comunicazione – prima la TV, poi Internet, poi i cellulari, domani chissà – pretenda di avere le carte in regola per seppellire i suoi predecessori, nessuno di essi ci è mai riuscito, per fortuna: ma ciascuno ha dato la spinta per l’evoluzione di tutti gli altri.Tv0

Basterebbe esaminare brevemente le mille vite a cui la TV, già data per spacciata da almeno un decennio, è rinata in concomitanza con l’arrivo di nuove reti di trasmissione e di nuovi device. Non "grazie" alle reti e ai device, attenzione:  perché l’unico vero driver per la trasformazione dei media resta l’utente, lo spettatore, il consumatore; lungi dall’esserne schiavo o plagiato, è lui a deciderne le sorti, a utilizzarli o accantonarli, a ridescriverli plasmandoli nelle sue abitudini e nelle sue idiosincrasie. L’uomo non è il risultato di una rivoluzione mediatica che lo rende simile a Dio, ma un animale curioso, pigro e un po’ nevrotico; che non sa rinunciare all’inimitabile odore di un libro stampato, che ama il quarto d’ora serale in ciabatte sul divano davanti al quiz prima del TG, che continua a inviare semplicemente SMS con un telefonino già capace di proiettarlo su Marte, che scambia gli MP3 con gli amici esattamente come faceva due decenni fa con le cassette pirata. Nessun mezzo di comunicazione viene "superato" dalle nuove tecnologie, perché la comunicazione non è solo tecnologia, ma occasione d’uso, passione e relazione che si fondono nello strumento e nella rete, e li piegano ai loro capricci.

(immagini da http://www.storiadimilano.it/citta/milanotecnica/televisione/tv.htm)

  • Paola Liberace |

    Se lasciamo da parte le tendenze, lasciamole da parte tutte: oppure soffermiamoci sul successo del T-Banking o delle applicazioni interattive del digitale terrestre, e poi ammettiamo che – da quando si grida alla futura scomparsa di qualcuno dei media, ovvero da circa un secolo – i media sono solo proliferati, magari cambiati (il cinema si è evoluto fino all’HD), ma non scomparsi.
    Il tempo dedicato alla TV non mi sembra di per sé indicativo del successo del media: considerato da solo, possono esserci svariate ragioni per le quali si è contratto, e il fatto che altri passatempi ne abbiano beneficiato essere solo una conseguenza. Dovremmo quanto meno considerarlo insieme a altre informazioni: come i dati di audience che parlano di milioni di spettatori a serata per il più banale programma TV, e di un sito internet del Corriere che viene considerato un grande successo perché gli stessi milioni li raccoglie in un mese. Anche se parlassimo del recente calo di interesse per la televisione generalista analogica, questo non ci basterebbe a decretare una linea di tendenza a decrescere per il media, visto che non avremmo ancora considerato quella digitale terrestre, quella satellitare, la IPTV e tutte le svariate altre forme in cui il media si è già evoluto. Ed è questo che resta il suo destino, secondo me: fare posto a eredi più sofisticati, non a “usurpatori” che arrivano da altri mondi mediatici e lì manebunt optime.
    Il mio dubbio su YouTube non era che la maggior parte dei suoi contenuti non fossero autoprodotti, ma che lo fossero quelli più consultati e ricercati…
    p.

  • GianMi |

    Sono d’accordo con te che nulla è scomparso. Stiamo valutando tendenze. E’ chiaro che in una qualche forma tutto possa sopravvivere anche solo come reperto storico o curiosità. E riconosco anche che diverse proposte innovative sono andate incontro ad insuccessi. Però che il tempo della televisione si contragga è un dato di fatto (dati auditel: penetrazione di mercato calata dal 36% al 34.5% nel biennio 2004-2006, che è un calo di quasi il 10%). Come anche è un dato di fatto che in Italia i cittadini “digital divisi” siano ancora tanti come elevata è l’arretratezza informatica e che quindi la banda larga non sia ancora diffusissima. Forse è ancora un po’ presto per trarre conclusioni sulla “tendenza del mercato di riferimento”. Lasciamo quindi aperta la questione in attesa di dati di fatto più illuminanti.
    YouTube non dirama dati di content analysis, ma pubblica la lista dei 100 video più richiesti. Mi sembra metodologicamente corretto perché verificabile che si prenda quella lista e si analizzi il contenuto dei video. Poi naturalmente sia al signore che fa questa analisi sia a YouTube si può non credere 🙂
    Però qualche dubbio sul fatto che i video di YouTube non siano in gran parte autoprodotti me lo farei venire..

  • Paola Liberace |

    Dunque:
    Ad 1: L’esempio relativo ai corsi di lingua mi sembra emblematico solo della nascita di nuovi mezzi di comunicazione (il che significa sempre: device+rete+contenuto+modalità di fruizione). Non della scomparsa dei precedenti (soprattutto i libri, che non sono spariti affatto, neppure per i corsi di lingua, mi pare).
    Ad 2: La convergenza di cui parli vaga da più di un un decennio senza fissa dimora, ogni volta invocata e sempre svanita come un ectoplasma: i famosi device unici sono stati fino ad ora clamorosi insuccessi commerciali, confinati a nicchie di tecnomaniaci (che non sono gli spettatori del futuro, ma utenti particolari con determinate modalità di fruizione). Internet è già in vari modi fruibile attraverso lo schermo televisivo, ma questo non ha affatto soppiantato i vecchi programmi che nello stesso schermo hanno sempre abitato. Per quanto riguarda l’interazione, la storia (breve e in qualche caso deludente) del digitale terrestre insegna che non è questa la maggiore aspettativa degli utenti-spettatori: ove fosse già disponibile – e non parlo solo dell’Italia – questa possibilità è stata difatti per lo più ignorata, e il fatto che – ove non sia disponibile – il suo sviluppo non sia certo in cima alla scala delle priorità non deriva da una specifica cecità degli imprenditori, ma da una precisa tendenza del mercato di riferimento. In altre parole, il momento che evochi mi sembra allontanarsi asintoticamente all’infinito.
    Per quanto riguarda i dati, sarebbe metodologicamente corretto secondo me basarsi sui dati che Google stessa dirama. Se comunque tu trovassi altro sarei comunque interessata a conoscerli.
    p.

  • GianMi |

    Mettiamola così: ci sarà sempre un testo scritto, a concezione lineare, che potrà essere contenuto in un libro e che quindi giustificherà l’esistenza del libro o di analoghi. La prova che un analogo sia tale è la sostituibilità, ossia che posso leggere p.e. un PDF su un notebook e considerarlo l’analogo di un libro e viceversa considerare la lettura della stampa di quel PDF in sostanza *la stessa esperienza*.
    Per altri contenuti l’analogia non regge: un corso di lingua espresso tramite un software su cdrom o su piattaforma di e-learning non hanno analoghi neanche con combinazioni di mezzi (libro+videocassetta). Non troverebbero corrispondenza p.e. la correzione automatica della pronuncia o la fruizione non lineare che tiene conto del percorso.
    Mi sembra quindi lecito pensare che il futuro dei corsi di lingua sia su mezzi diversi dal libro o dalla videocassetta.
    Per quanto riguarda la tv, già oggi il tempo che le è concesso (che è una quantità finita e sempre meno elastica) è conteso dal videogioco che sfrutta lo stesso apparecchio e da internet. Questo vuol dire che sicuramente si è contratto. C’è poi il fattore convergenza: è molto più comodo usare un unico apparecchio per diverse attività. Quando internet verrà veicolato attraverso un televisore, la fruizione di un programma non sarà più la stessa. L’utente sarà portato a interagire con i programmi effettuando scelte o comunque attività che cambieranno il contenuto del programma stesso. In quel momento la televisione sarà scomparsa.
    I dati che ho segnalato sono un’analisi indipendente fatta a più riprese, citata da BusinessWeek e, per quanto mi risulta, mai messa in discussione. Meglio che niente e meglio di un’impressione… 🙂 Non ho fatto ricerche esaustive, ma ho trovato qualche accenno a qualche studio universitario sull’argomento. Se riesco a trovare altro te lo segnalerò.

  • Paola Liberace |

    Ciao GianMi,
    E’ eloquente il fatto che tu parli infine di preferenze: è proprio il fatto che tu – e non chiunque altro – preferisca un ipertesto a un libro il fattore che assicura che il libro sopravviva (perché di questo si trattava); a meno che tu non sostenga di poter universalizzare le tue preferenze. Lo stesso dicasi di TV e cinema, che non sono esperienze immersive (come Second Life?), ma un altro media. Diverso, non più vecchio o inferiore.
    Per “dati ufficiali” intendo dati comunicati da Google-YouTube (o chi per loro), possibilmente: se non ho capito male quelli del blog cui hai rimandato Fabio non avevano a che fare con la gestione del portale. O mi sbaglio?
    p.

Post Successivo