Iran, più che Twitter poté la TV

Sarà anche vero che, come ha affermato di recente Henry Blodget, CEO di Business Insider, non c'è speranza alcuna per la vecchia industria televisiva: quella "offline", condannata ad essere sorpassata e poi dissolta nel vortice della "New TV". Sarà anche vero che i social network e Twitter hanno portato la comunicazione di massa là dove non era mai arrivata (e cioè, fondamentalmente, tra le singole persone), modificandone in profondità le regole. E' certamente vero, poi, che la Rete gioca un ruolo fondamentale nelle aree del mondo in cui la libera circolazione di uomini e idee non è così scontata, sia pure tra le mille insidie tese non solo dai regimi in vigore, ma dagli stessi gestori del Web che con questi gestori stringono accordi.

Tutto vero: eppure, nel caso della rivolta iraniana, che come forse mai nessun'altra è corsa su Internet, la stessa Rete ha infine potuto poco, come ha già fatto rilevare qualche autorevole giornale internazionale. Non nel senso che sia stata vana l'opera di risveglio, informazione e organizzazione della coscienza della rivolta; opera anzi impossibile sia da concepire che da portare avanti senza la Rete, intesa tanto come strumento quanto come filosofia. Ma tutto questo non ha impedito di negare l'annullamento del voto facendosi beffe del fronte compattato dal mezzo digitale. E qualcuno già la chiama una sconfitta di Internet.

E' un fatto che la portata della ribellione e il significato della decisione del Consiglio dei Guardiani sono diventate palesi all'opinione pubblica mondiale solo quando le immagini di Neda, la ragazza assassinata durante gli scontri, riprese da un cellulare e poi trasferite su YouTube, sono comparse sugli schermi televisivi. E' un fatto che il grido telematico dei ragazzi che si sono passati la triste e determinata parola del contrasto al regime è arrivato al mondo solo quando è stato inquadrato dalle telecamere. E' un fatto, nonostante le stesse immagini, lo stesso grido siano nate o siano state riprodotte su altri media, più nuovi, più dinamici. Ma le vicende iraniane dimostrano, ancora una volta, che questi mezzi di comunicazione hanno e mantengono una funzione diversa, non alternativa, rispetto a quella della TV: che dal suo canto non avrebbe certo potuto intessere la trama della rivolta, così come i "new media" non avrebbero potuto renderla nota alla comunità internazionale nella maniera in cui lo ha fatto la televisione.

  • Paola Liberace |

    No, non lo è. Del resto, del ruolo giocato dai nuovi e nuovissimi media come fonti privilegiate dell’informazione “ufficiale” si è già detto, anche da queste parti (emblematico il caso di YouReporter). Ma una fonte, per privilegiata che sia, non soppianta mai il mezzo di comunicazione finale; la sua funzione è, e resta, essenzialmente diversa. E’ questo che i vari proclami sulla scomparsa, estinzione, disintegrazione e chi più ne ha più ne metta della TV e della stampa “tradizionali” trascurano: e visti i pubblici che questi due insostituibili media continuano a esercitare, non mi sembra poco.
    p.

  • Stefano Canepa |

    Questo perché la TV ha un ruolo centrale nell’informare le persone. Qualche giorno fa una persona di una certa età parlando di non so che cosa a un certo punto ha detto “lo hanno anche detto alla televisione” come a rafforzare l’idea che non mi stava raccontando una cosa campata in aria.
    Di certo c’è che la televisione ha rilanciato un video preso da youtube, non un video di un loro operatore (che 9 su 10 non può andare in Iran) la Rete è stata la prima fonte di notizie e video anche per i giornalisti televisivi: non mi sembra poco.

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