Quando la quantità non basta

Due fonti per due stime sul numero di contenuti TV e autoriali arrivano alla stessa conclusione: siamo di fronte a un boom  delle produzioni originali, che secondo FX Networks sono raddoppiate negli ultimi 7 anni, e che per Eurodata nel 2015 hanno visto 8500 nuovi concept introdotti sul mercato. Questo non solo grazie all’accresciuto contributo dei canali via cavo e broadcast,ma anche dei servizi video OTT come Netflix, Hulu e YouTube. Più contenuti, tuttavia, non significa necessariamente più libertà di scelta: e neppure una ragione determinante per scegliere di abbonarsi a un servizio SVOD.

L’abbondanza finora a disposizione dei clienti di Reed Hastings, per cominciare, è in pericolo: Netflix ha deciso di chiudere l’accesso internazionale ai contenuti, limitando gli utenti alla versione locale. Per diventare realmente globale, il servizio sa che avrà bisogno di superare l’opposizione delle major alla negoziazione di diritti transnazionali, e intanto si prepara ad affrontare le possibili rimostranze degli spettatori che hanno accettato di sottoscrivere l’abbonamento certi che avrebbero avuto accesso alla cuccagna del catalogo USA. Non bisogna dimenticare l’importanza che, fin dai suoi esordi, ha avuto la quantità di offerta (anche a discapito della freschezza) per attrarre gli abbonati di Netflix: a confermarlo ulteriormente arrivano i risultati di una survey di RBC Capital Market riportata da eMarketer, secondo la quale la possibilità di accedere a programmi originali in più della metà dei casi (il  51%) non ha influenzato la decisione di abbonarsi.

Netflix sembrerebbe adottare lo stesso tipo di criterio, improntato alla quantità più che alla qualità, anche quando si tratta delle proprie metriche: la scelta di contare gli abbonati, invece che misurare le loro fruizioni, va in questa direzione. Ma fino a quando sarà possibile per la società sostenere che i dati di audience non siano funzionali al suo business, e fare spallucce di fronte a stime come quelle di NBC? Non per molto ancora: soprattutto perché, secondo alcuni commentatori, Netflix si troverà ben presto in sede negoziale di fronte alla richiesta delle major  di misurare il valore dei prodotti che vengono licenziati. E questo problema, facendo un passo indietro, si porrà all’ennesima potenza di fronte alla necessità di rinegoziare gli accordi in ottica globale. A quel punto, la quantità considerevole di abbonati raggiunti dal servizio a livello internazionale, e abbondantemente pubblicizzata negli ultimi giorni, potrebbe non bastare.