La guerra dei bundle

bundlePackagesSi integri chi può! Il grido sale dai territori della “nuova” TV, che continua la sua marcia di avvicinamento a moduli e modelli già felicemente consolidati nelle lande della “vecchia” industria delle comunicazioni. La tendenza a specializzarsi  su un particolare genere editoriale, fin quasi a replicare le sembianze dei canali TV tematici, non è che l’inizio; contemporaneamente si fa strada la pratica dell’integrazione  con gli altri servizi di intrattenimento multimediale: non solo video, ma musica, e magari anche servizi di express delivery, e chissà cos’altro in futuro.

Gli apripista sono Amazon e Google: l’uno, potendo contare sul suo programma di membership Prime, che ad oggi integra Instant Video come una (non la principale) delle offerte integrate nel pacchetto annuale; l’altro, avendo affasciato sotto il marchio YouTube Red sia i contenuti musicali che quelli video, in un abbonamento mensile. Una mossa relativamente a portata di mano per questi operatori, e preclusa ad esempio ad altri attori – come Netflix, che resta focalizzata sul solo video e non ha per ora dato segno di volersi espandere lungo l’asse editoriale (ad esempio, estendendo il proprio raggio d’azione alla musica), limitandosi a stringere accordi di distribuzione – soprattutto in Europa – con operatori via cavo e società di telecomunicazione, che completano così i loro propri pacchetti, basati sulla connettività.

 

La nuova strategia di integrazione, al contrario, si allontana dallo schema della già nota convergenza: non si tratta di più mettere insieme contenuti e reti, ma di incaricarsi di dare risposta piena alla domanda di contenuti, e magari anche di servizi digitali, dei consumatori – continuando però ad operare over-the-top, e quindi a prescindere dal tipo di connessione e dall’operatore che la fornisce. Non si tratta però neppure della semplice aggregazione di più programmazioni video, come era nel caso dei pacchetti della TV via cavo: la novità sta nella gittata della sottoscrizione, che abbraccia un ampio range di soluzioni per l’intrattenimento (e oltre).

Insomma, chi non può fare a meno di avere accesso sia alle serie di Netflix, che a quelle di Amazon Prime Instant Video e di Hulu continuerà verosimilmente ad abbonarsi a tutti i tre (o più) servizi: finendo così per ricadere nel meccanismo appena abbandonato nelle vesti di cord cutters, con la somma dei singoli abbonamenti digitali che rischia di comportare un costo non molto lontano da quello corrisposto all’operatore abbandonato. Al contrario, il nuovo bundle premia gli amanti della diversificazione, con  un prezzo comprensivo di svariati abbonamenti di diverse tipologie. Se sarà questo tipo di “pacchetto” ad affermarsi sul mercato – a discapito non solo di quelli degli operatori TV tradizionali, ma anche di quelli che comprendono i servizi OTT TV, offerti dalle telco – è tutto da vedere: la guerra dei bundle è appena cominciata.