Il caso del sequestro di RiflettoTV, sito che offriva in streaming gratuito canali con contenuti "branded" (come film o video musicali), da parte della Guardia di Finanza di Milano, ripropone il problema della disponibilità dei diritti televisivi e cinematografici sul web, di cui avevamo discusso tempo addietro a proposito di V-Cast.
Il provvedimento della GdF, come si può leggere sul comunicato che ha sostituito la home page del sito, è stato motivato proprio con la presunta violazione del diritto d’autore; nonostante lo staff del portale avesse più volte protestato di operare nei limiti nella piena legalità. Se avessero o meno ragione, lo appureranno le autorità, che verificheranno l’esistenza di una reale violazione.
A prescindere dall’esito della verifica, tuttavia, l’ennesimo blocco imposto a un servizio web che mutuava i suoi contenuti da altri media impone una riflessione; e questo a maggiore ragione visto il recente approdo, nel nostro paese, di quella Current TV fondata da Al Gore che fa del citizen journalism e degli user generated content il suo punto di forza.
Personalmente, continua a sembrarmi eccessivo tirare in ballo l’emergenza democratica e il monopolio televisivo, come ha fatto Gore, per introdurre il debutto italiano della sua TV: il che rischia di perpetuare l’equivoco logico di chi vuole stare contemporaneamente dentro e fuori da un sistema, mostrandosi di volta in volta nell’uno o nell’altro dei due ruoli a seconda della prospettiva necessaria. Ma a parte queste riserve, la novità vera, come ha affermato Gore, sta nel fatto di portare l’Internet intelligente in TV, anziché la TV stupida in Internet.
La differenza tra Current TV e gli altri servizi più o meno blasonati di web TV sta proprio in questo sforzo di ideare e raccogliere contenuti ad hoc per il medium, senza limitarsi a una collezione di materiali provenienti da altri media. Il che, oltre ad essere opinabile mediaticamente, è anche pericoloso legalmente, come dimostrano gli ormai numerosi casi di violazioni contestate. Nell’attuale sistema mediatico, i diritti sui contenuti, così come i contenuti stessi, sono specifici per il medium; ignorarlo o obliterarlo significa esporsi a un rischio non sempre giustificato, certo non all’altezza della novità che si vorrebbe rappresentare. E’ inutile, in queste condizioni, inveire contro i "cattivi" delle major o del broadcasting, che reclamano il rispetto dei loro diritti; è più utile immaginare un modello realmente alternativo, che non conduca alla violazione delle leggi vigenti, non perché siano buone e giuste, ma semplicemente perché non ce n’è bisogno per realizzare, come ha fatto Current, un’innovazione degna di questo nome.