Un orologio per dimenticare il telefono (e il mobile video)

Tra le tante reazioni alla presentazione del Galaxy Gear, lo smartwatch
di Samsung, la più interessante mi è sembrata quella di chi ha
esternato il timore che l’orologio basato su Android potesse dare il
colpo di grazia al mobile video.
Questo non tanto perché le possibilità di fruire contenuti audiovisuali
su un display da 1,63 pollici sono oggettivamente limitate: ma perché,
atteso che il device per sua natura è destinato a fungere da second screen rispetto ad uno smartphone (Samsung, ovviamente, e pure di ultima generazione), tra le funzioni che mutua dal suo dispositivo master (dodici quelle già annunciate) non è incluso alcun genere di feature destinata
alla fruizione video. Almeno al momento, certo: ma sembra improbabile
che tra le applicazioni in arrivo (70 o 80, a seconda della fonte) per
l’orologio intelligente ve ne sia qualcuna destinata a questo genere di
utilizzo.

 Questo non significa che lo smartwatch rinunci del tutto a una
vocazione all’intrattenimento. Ad esempio, dal Galaxy Gear sarà
possibile realizzare foto e video, da condividere poi con la propria
rete di contatti social. Ma quando si tratta, ad esempio, di
ascoltare musica, il suo compito torna ad essere quello di una sorta di
“telecomando” del dispositivo mobile principale, del tutto ancillare
rispetto a uno spettacolo che si svolge altrove (d’altronde, è questo il
suo destino anche per quanto riguarda la lettura delle e-mail, che
viene rimandata allo schermo maggiore mentre il minore si limita ad
ospitare le notifiche dei messaggi in arrivo). Il problema è che, mentre
l’ascolto di musica da uno smartphone nascosto in tasca o in
borsa potrebbe essere utilmente gestibile da un orologio del genere, in
modo da essere ricondotto “a portata di mano”, la fruizione di mobile video non contempla una situazione d’uso che preveda la lontananza dal display
erogatore del contenuto; la necessità di un telecomando, storicamente,
si è infatti posta solo con schermi di dimensioni troppo grandi, dai
quali mantenere una certa distanza, e dunque impossibili da controllare
direttamente, a mano.

Nel caso in cui le app proprie degli smartphone dovessero essere, l’una dopo l’altra, delegate a uno smartwatch,
mentre i telefoni (ancorché ineludibili) si limitano a restituire ciò
che l’orologio ha disposto per loro tramite, cosa ne sarebbe delle app
non delegabili? Potrebbero semplicemente restare residenti sul
telefono, caratterizzandolo con le loro funzionalità (video, email,
applicazioni da ufficio); questo potrebbe voler dire che il gigantismo
dei display, contrariamente a quanto ipotizzato ad esempio da
Repubblica, non è destinato a retrocedere ma al contrario ad avanzare,
una volta rotto il compromesso tra maneggevolezza e agilità di letture,
moltiplicando gli ibridi tra smartphone e tablet.
Oppure, se l'invito a "dimenticare il telefono in borsa o in tasca" venisse preso alla lettera, potrebbero essere dimenticate:  soprattutto quelle che meno sono riuscite ad entrare
nella quotidianità degli utenti. Chissà
se tra queste ci sarà anche il mobile video.