La frattura generazionale tra vecchi e giovani, al centro del nuovo rapporto Censis-UCSI sulla comunicazione, ne nasconde un'altra più profonda. Se i consumi mediatici divergono radicalmente tra le fasce d'età estreme – gli over 65 concentrati su quotidiani e TV, gli under 30 su Internet, Facebook e smartphones -, questa divergenza porta con sé, e nello stesso tempo è un portato di, un divario tra i contenuti professionali e quelli grassroots. Definire questi ultimi "amatoriali" non è sempre appropriato: malgrado vengano pubblicati da utenti comuni e non da specialisti, molto spesso sono gli specialisti ad averli originati e in prima battuta resi disponibili, prima che il continuo lavorìo e il mash-up all'opera nella Rete li rimasticasse in forma di user generated contents.
Proprio qui sta la contraddizione, denunciata dal presidente dell'UCSI Andrea Melodia alla presentazione del rapporto: i nuovi contenuti, utilizzati e fatti circolare dai giovani, sono ancora, tuttora, pagati dagli anziani. Una contraddizione che si fa particolarmente evidente in campo giornalistico, dove l'esigenza di attendibilità delle fonti si confronta con l'amplissima disponibilità di aggiornamenti e opinioni accessibili da tutti e a tutti in Rete. Credibilità contro velocità: il confronto minaccia di diventare scontro, se il mantra della gratuità intacca il modello di business su cui la stampa si regge e che le consente di mantenere i livelli qualitativi indispensabili a un'informazione corretta. Per dirla con le parole di Giulio Anselmi, intervenuto alla presentazione, quando si tratta di informazione le tre C tanto care alla nostra epoca (condivisione, comunità, conversazione) non bastano senza le altre tre: credibilità, contenuto, creatività.
Posizioni come quella di Melodia e di Anselmi potrebbero apparire battaglie di retroguardia, in un contesto nel quale l'informazione in Rete, più che un'ipotesi da osteggiare o caldeggiare, è una realtà assodata. Ma il caveat a proposito dell'illusoria autosufficienza del Web è tutt'altro che infondato: non solo e non tanto perché, come ribadiva Anselmi, la gran parte dei ricavi proviene ancora dal coté tradizionale, quello della carta stampata, ma anche e soprattutto perché oltre alla libera circolazione delle notizie occorre la capacità di dare loro senso, di selezionarle e contestualizzarle. Una capacità editoriale, appunto: che richiede inevitabilmente una gerarchia e un processo di agenda setting, forse poco simpatici ai sostenitori del citizen journalism, eppure garanti della sua stessa esistenza.