Los Gatos come Roma. Da qualche mese Netflix sembra essersi candidarsi al ruolo di protagonista della versione rivista e corretta di una nota espressione popolare romanesca: quella in cui la sora Camilla (nella realtà storica Camilla Peretti, sorella del papa Sisto V), corteggiata da molti spasimanti, non viene scelta da nessuno di essi (finendo per farsi suora). Allo stesso modo, le voci sull’acquisizione della società di Reed Hastings da parte di colossi come Apple o Disney, supportate tra l’altro dal Wall Street Journal, sono state ridimensionate.
Nel caso di Apple, l’ipotesi parrebbe quasi nata appositamente più per ridonare lustro al marchio appannato della Mela: dal punto di vista dei modelli di business, infatti, le due società non potrebbero essere più distanti. Non complementari, ma opposte: laddove Apple è tradizionalmente focalizzata sulla produzione e la distribuzione di hardware – alle quali sono funzionali sia lo sviluppo del software sia la distribuzione di contenuti, siano essi musicali o video -, Netflix ha basato una larga parte del suo successo sull’approccio software, in base al quale one app fits all: il servizio nasce over-the-top e web-based, potenzialmente compatibile con il 100% dei dispositivi di elettronica da consumo connessi e abilitati alla riproduzione video. Difficile immaginare che, una volta acquisito da Apple, scelga di vincolarsi a un device della Mela, e di limitare l’accesso ai soli abbonati che decidano di dotarsi di uno di questi.
Anche nel caso di Disney le distanze sono evidenti, e in un certo senso analoghe: la forza produttiva di Disney, confortata per giunta dalle buone ragioni dell’ingente somma spesa per l’acquisizione, difficilmente tollererebbe di convivere con altri nel catalogo di Netflix. Anche qui, come paventano gli analisti di Rethink Research, si tratterebbe di un’insostenibile restrizione per la OTT TV “nata libera”, che quando ha arricchito la propria programmazione lo ha fatto “in casa”, ma continuando ad accogliere ecumenicamente tutti i contributi.
Proprio in questa flessibilità, in questa universalità – che gli ha consentito di estendersi a tutti gli angoli del globo in un colpo solo – risiede ad oggi il principale valore di Netflix, l’ingrediente fondamentale della sua ricetta di successo. Se questo ingrediente venisse meno – perché il nuovo proprietario della società decidesse di farne un volano di vendite per i propri dispositivi, e solo quelli, o una grancassa per diffondere urbi et orbi i propri contenuti, e solo quelli – anche il valore potrebbe risentirne: e il gap rispetto alla capitalizzazione (che già oggi ad alcuni analisti finanziari appare eccessiva) potrebbe rivelarsi ancora maggiore.