Stare per lungo tempo chiusi in casa ci pesa. Forse non avremmo mai immaginato quanto, se questi giorni di reclusione cautelativa non ce lo avessero chiaramente mostrato. La ragione si trova in profondità, nella nostra stessa natura: una delle caratteristiche ancestrali della specie umana è infatti l’attitudine «esplorativa», la stessa che ci spinge alla ricerca, alla sperimentazione, alla realizzazione di esperienze sempre nuove.
Qualcosa di simile ci accade quando esploriamo la Rete, alla ricerca di conoscenza, affamati e folli come predatori. Manfred Carr, l’autore di “Internet ci rende stupidi?”, pensa che questa sia una regressione nella traiettoria della civilizzazione intellettuale. Secondo Carr, infatti, per colpa di Internet abbiamo smesso di fare i coltivatori di sapere, imparando e conservando dentro di noi quello che impariamo, per dilagare invece nella Rete e diventare cacciatori nella “foresta dei dati elettronici”. Il riferimento è alla trasformazione delle modalità di apprendimento: sempre più incapaci di concentrarci e di riflettere, nell’era digitale ci limitiamo ormai alle scorrerie sul Web da cui ricaviamo i brani di informazione e di conoscenza che ci occorrono.
Anche Carr riconosce che l’esercizio della ricerca e della navigazione online possa giovare alla nostra capacità di problem solving, educandoci a interpretare in maniera più rapida ed efficace i dati che consultiamo, e persino rafforzare la nostra memoria di lavoro. Quello che non accetta è che possa trattarsi non di un’evoluzione patologica, ma di una trasformazione fisiologica, anche se non priva di traumi. Qualcosa di simile a quello che è accaduto con il passaggio dalla cultura dell’oralità a quella della scrittura, come ci ha spiegato Walter Ong: il quale ha descritto efficacemente come siano cambiati concetti come l’intelligenza, la conoscenza, e persino l’attenzione e la memoria.
Si tratta di nozioni profondamente culturali, e mai date una volta per tutte. L’ambiente digitale, per sua natura non lineare, popolato d’ipertesti e di codici comunicativi disomogenei, mette alla prova
la nostra capacità di ricercare e conferire senso alle informazioni. Rimpiangere, come fa Carr, l'”abilità di pensare profondamente e creativamente” significa comportarsi come gli uomini della scrittura, che attribuivano alla fase dell’oralità “profondità emotive e intuitive” a loro ormai sconosciute; queste parole, paradossalmente, sono proprio di Carr, che da uomo della scrittura secondaria poco dopo si lascia tuttavia andare allo stesso sconforto.
Se invece guardassimo ai media digitali come un’occasione di mettere alla prova la nostra attitudine esplorativa, potrebbero apparirci addirittura come una benedizione: un invito all’avventura, un’occasione per prendere nota dell’esistenza di luoghi diversi, anche molto lontani, che magari potremmo raggiungere online, prima di riuscire a visitarli fisicamente – ciò che al momento potrebbe richiedere ancora qualche tempo. Teniamolo comunque a mente, in questi giorni di permanenza domestica, di vigilanza in strada, di trasporti bloccati e frontiere chiuse: anche se al momento non possiamo muoverci, l’importante è non perdere mai la voglia di esplorare.