In tempo di crisi la parola d'ordine, si sa, è: riciclare. E così avviene anche in TV, dove il riutilizzo dei contenuti – trasmessi in slot a ripetizione, come ha notato qualche giorno fa Aldo Grasso , ovvero ripescati da remoti archivi, sembra essere diventato un imperativo comune tanto tra i canali terrestri, quanto satellitari, tanto digitali quanto analogici.
E' il caso del canale DTT Rai affidato a Giovanni Minoli, direttore di Rai Educational, che con il rinnovato nome di Rai Storia prende il posto del vecchio Rai Edu. Nome a parte, di nuovo c'è poco: sia rispetto all'emittente precedente, da cui l'attuale eredita la vocazione alla cronaca nazionale, sia rispetto al complessivo parco contenuti Rai. L'impressione è che, per costruire il palinsesto di Rai Storia, si sia dato fondo a tutte le ruserve delle Teche. opportunamente riorganizzate tematicamente in base alla ricorrenza del momento – l'anniversario del sequestro Moro, della contestazione giovanile o delle Fosse Ardeatine.
Di storico c'è molto, ma non tutto: a dispetto del titolo, e in ossequio al suddetto imperativo del riciclo, nel canale trovano ampio posto soprattutto le inchieste e i documentari targati Minoli o Zavoli, relativi al Novecento, così come gli amarcord televisivi dellla programmazione della TV pubblica ante duopolio, ma sono quasi del tutto assenti contenuti freschi, magari incentrati anche sui secoli precedenti. Una caratteristica che, unitamente al modello di palinsesto in "loop", rende il canale un esemplare perfetto di TV ai tempi della crisi, e non sgradito ai telespettatori: ma che, se la crisi passerà, trascinando con sé le nostalgie e lasciando dietro di sé la voglia di innovazione (specialmente su una piattaforma come il DTT, che dovrebbe considerarla la sua missione), potrebbe rischiare di segnarne il destino.