Sarà, ma le dichiarazioni trapelate dalla quarta conferenza nazionale DGTVi sul digitale terrestre non mi sono proprio sembrate annunciare nulla di nuovo. Tutti a dire che si tratta di una grande rivoluzione, tutti a sottolineare il rapido avanzamento del progetto (ma per ora l'unica regione che ha effettuato lo switch off è la Sardegna, e la Val D'Aosta segue a giorni); qualcuno (come il sottosegretario Romani) è persino tornato sul t-government, ipotizzando gli ormai famigerati servizi per i cittadini veicolati attraverso la piattaforma televisiva.
Tutto molto bello, in teoria: ma poco si è detto sull'elemento che garantirebbe il cambiamento reale, ovvero quello editoriale. Finora, a parte l'offerta pay di Mediaset (che in ogni caso ricalca nelle forme e nei contenuti il pacchetto satellitare preesistente, e dunque a parte la formula prepagata non sembra rappresentare una vera novità), non ci sono state innovazioni decisive nel campo dei palinsesti. I due spiragli rappresentati da Iris (per Mediaset) e Rai4 (per la RAI) sono rimasti, appunto, solo spiragli. manca una vera offerta digitale terrestre gratuita, alternativa a quella analogica, che come ha più volte sostenuto Aldo Grasso (e non solo lui: basta ripercorrere gli ultimi rapporti di Italmedia Consulting) è l'unica ricetta in grado di attirare i telespettatori e produrre così una svolta nella loro dieta mediatica.
E invece, se si considera che i futuri investimenti sul DTT confluiranno ancora in massima parte sull'infrastruttura, destinata però a trasmettere sempre i soliti canali generalisti (anche via satellite, dove non fosse sufficiente il segnale digitale terrestre: tanto da alimentare più di un pettegolezzo sulle mire di RAI e Mediaset verso il regno di Murdoch) si comprende che l'epoca dei contenuti, in TV, è ancora ben lungi dal ritornare.