Cosa sta succedendo a Facebook? Il calo degli utenti dediti a postare aggiornamenti e foto, che secondo il Global Web Index in un anno sarebbero calati dal 50 al 34%, non significa, com’è stato sostenuto, che il social network si stia avvicinando al “modello televisivo”. Questo semplicemente perché non esiste un “modello televisivo” , se con questa espressione si intende una tipologia di fruizione passiva e poco incline alla contribuzione: televisione non è sinonimo di passività, non lo è mai stato, come ho sostenuto già varie volte. La vitalità con la quale riesce a restare in cima alle preferenze degli utenti (anche i più giovani) e a evolversi continuando a mantenere il suo primato lo dimostrano al di là di ogni possibile argomentazione.
Esistono invece tanti “giochi mediali”, che prevedono regole e gradi di coinvolgimento diversi, nei quali però il ruolo del giocatore è sempre attivo, partecipativo, impegnato nella costruzione e nella revisione delle stesse regole. Come si sta dunque trasformando il gioco mediale che è stato fino ad oggi Facebook? In una ricerca relativa all’Italia, curata da Burson Marsteller e Human Highway, il social network si distingue per una capacità informativa quasi pari all’intero sistema della stampa online: il 12,5% degli utenti, interrogati su quale sia per loro la fonte preferenziale sulle notizie recenti, indica Facebook, contro il 13,4% che opta per i quotidiani su web; ma mentre il primo valore è cresciuto ininterrottamente negli ultimi 4 anni, il secondo nello stesso periodo è rimasto fermo. A livello globale la situazione è analoga, stando ai dati del Pew Research Center risalenti all’anno scorso – che certificano la preferenza accordata a FB dagli utenti alla ricerca di notizie sulla politica – ma anche ai numeri di Quantcast diffusi qualche mese fa, che confermano il ruolo di Facebook come principale fonte di traffico mobile per i siti di news e informazione. Un primato significativo, considerando lo shift complessivo di Internet verso dispositivi e reti mobili.
Facebook, insomma, rappresenta ormai tra le altre cose una piazza da frequentare, anche solo per una breve passeggiata – senza fermarsi a chiacchierare con nessuno -, per sbirciare nell’edicola all’angolo le ultime notizie: la strategia perseguita con l’introduzione di Instant Articles (UPDATE: e ora con Notify) asseconda e enfatizza questa tendenza già emersa in passato, per iniziativa degli utenti. E Facebook non è il solo, come sanno i frequentatori di Twitter e dei suoi “Moments” (in precedenza noto come “Project Lightning”). Alla maggiore presenza di contenuti informativi “tradizionali”, o comunque riconducibili a una curation di stampo professionale, fa da controcanto un minore impegno in termini di condivisione della sfera personale da parte degli utenti, che non per questo tuttavia sono tacciabili di pigrizia. In contemporanea, altri giochi mediali stanno infatti emergendo o sono già emersi – con regole e caratteristiche diverse – per sopperire alla stessa esigenza di condivisione (primi tra tutti, Whatsapp, l’applicazione di instant messaging di proprietà della stessa Facebook, e Instagram, entrambi ormai al centro delle attenzioni dei marketers).
Sono i media, bellezza: dove il grassroot e il mainstream convergono, per dirla con Henry Jenkins; o diversamente, dove l’industria e il mercato propongono, e l’utente, spettatore, consumatore, navigatore o come altro volete chiamarlo, dispone, scegliendo e articolando le nuove regole dei giochi mediali a cui parteciperà. Questo non significa, non potrà mai significare l’abolizione del mainstream, l’annullamento della gerarchia informativa, la scomparsa dell’autorità editoriale che lascia magicamente il posto al brulicare della contribuzione “dal basso. Accostare Facebook e la TV in nome della “passività”, per denigrare il primo e ribadire il disprezzo verso la seconda, non serve che a far torto all’uno e all’altra: e ci rende più ciechi verso l’evoluzione di entrambi, che rivela al contrario nuove opportunità di comunicazione.
UPDATE: A proposito di FB e di news, Notify è l’ennesima conferma.