L’incontro tra TV e Internet sortisce frutti sempre nuovi. Invece di un chiodo scaccia chiodo tra entità monolitiche, assistiamo ad una complessa serie di intrecci tra video e Rete, in cui è ormai difficile distinguere tra medium vecchio e nuovo, e nel quale le regole di ciascuno dei due giochi mediali sono cambiate, rimescolate e aggiornate. Guardando la situazione attraverso una lente puramente numerica, l’immediata traduzione è la crescita: persino il mercato televisivo italiano, ormai da anni uguale a se stesso, sembra essersi rimesso in moto. Come mostra l’ultimo rapporto sulla TV in Italia di ITMedia Consulting, i ricavi nel 2016 sono aumentati del 5% rispetto all’anno precedente, con un balzo in avanti soprattutto per la pubblicità, che fa registrare un +6% e sorpassa così i ricavi da pay-TV.
Ma le buone notizie arrivano soprattutto dal fronte di quella che ITMedia chiama la Broadband TV, che nei prossimi due anni dovrebbe diventare la principale fonte di consumo video per 1,6 milioni di abitazioni italiane, contro le 900 mila attuali stimate dall’istituto. Al di là dell’espansione della customer base, si staglia un quadro in deciso fermento: siamo alla frontiera di una nuova mutazione nell’ecosistema multimediale, di un nuovo scarto evolutivo. La Over-the-top TV, formula che ci accompagna ormai da diversi anni per indicare ogni servizio video online non vincolato a una specifica rete telco , ha fatto il suo tempo: la definizione sembra ormai troppo imprecisa, insieme larga e restrittiva, per abbracciare realtà come YouTube, Netflix, Amazon Prime Instant Video, HBO Now, ma anche Now TV – per citarne solo alcuni.
Non si tratta solo di movimenti geografici e finanziari – con lo sbarco in 200 paesi, Italia inclusa, di Amazon Instant Video, o con Sony che investe in Chili -, ma dell’identità stessa delle nuove TV. Come ha affermato Reed Hastings, i player come Netflix si avvicinano più ai singoli network tradizionali che ai pacchetti di canali via cavo che si teme possano soppiantare; proprio per questo, ricorda App Annie, i suddetti network si sono dotati di propri servizi di video streaming, come HBO Now. D’altro canto, i grandi attori della pay-TV formulano ormai i propri servizi VOD come one-stop-shop, che accanto ai consueti cataloghi di film, serie TV, cartoni animati e altri contenuti integrano ormai anche canali lineari – esemplare il caso della Now TV di Sky. Ancora, se Instant Video sembra aver ripercorso le orme di Netflix nel lancio internazionale, resta l’ancoraggio del servizio all’abbonamento Prime, una membership composita che consiste anzitutto nei vantaggi in termini di spedizioni e priorità di offerte per gli acquirenti di prodotti e servizi Amazon.
La rivoluzione si annuncia ancora più chiaramente se si prendono in considerazione, secondo il suggerimento di App Annie, i contenuti video su piattaforme come YouTube, Facebook ma anche Instagram, Snapchat e ulteriori social network. Secondo una ricerca di Brightcove, gli utenti dei principali paesi occidentali trascorrono circa sei ore a settimana (un’ora al giorno, negli Stati Uniti) consumando video social: e al trend di consumo corrisponde il quadro delle alleanze, come quella tra Turner e Snapchat, che hanno firmato un accordo per portare eventi sportivi e show televisivi – sia classici che nuovi, prodotti ad hoc – sulla piattaforma. Non è ancora chiaro quali saranno i formati, ma è certo che porteranno il marchio di fabbrica della società di produzione TV.
Come orientarsi in questo panorama? Come comparare realtà diverse e allo stesso tempo simili, a seconda del punto di osservazione? La consueta ottica della torta da spartire in fette, quote di mercato più o meno grandi, rischia di risultare a sua volta ormai insufficiente. Al contrario, occorre una lettura capillare, che sposti la comparazione all’interno del singolo servizio/pacchetto/canale, e che riconosca nello stesso soggetto ora il couch potato da canale lineare, ora il binge watcher da serie TV original, ora il consumatore di video snack su FB, ora il tifoso da partita on demand– che si divide tra occasioni di fruizione diverse, moltiplicando il suo tempo ad esse dedicato. Ripartire dallo spettatore, ancora e sempre uno, nessuno e centomila, sembra l’unica strada plausibile per dare nome alle centomila nuove over-the-top TV – forse nessuna, forse una sola.