Non tutto ciò che è mobile in teoria, si sa, lo è anche in pratica: e questo vale anche e soprattutto per la comunicazione, la sfera che più di ogni altra abbraccia pratiche che coinvolgono ogni aspetto della vita, nei modi e tempi più svariati – e nei più svariati luoghi. Quando si tratta di “vita connessa”, questi luoghi possono in effetti riservare qualche sorpresa: come quelle che emergono dal “Connected Life Market Watch Program”, lo studio di Cisco IBSG che monitora edizione dopo edizione il comportamento di chi consuma servizi di comunicazione su banda larga, per registrare le variazioni e quindi identificare le transizioni chiave del mercato.
L’indagine, condotta su un campione rappresentativo di clienti broadband italiani, rivela l’”attitudine nomadica” degli utenti di dati in mobilità: che si tratti di navigazione Internet o di fruizione di video da dispositivi mobili, queste attività si svolgono solo in minima parte in un contesto realmente “mobile”. In media, solo il 20% del tempo speso in questo modo trascorre mentre ci si sposta; il rimanente 80% coincide con situazioni stanziali, come la presenza in casa (soprattutto per il segmento meno avanguardistico della clientela), in ufficio, o comunque all’interno di altri luoghi “coperti”. Aeroporti, stazioni ferroviarie, centri commerciali, e consimili punti di ritrovo e di scambio: vengono in mente i “nonluoghi” di Marc Augé, che da semplici scenari di transito sono diventati sedi caratteristiche della (sur)modernità. Eppure, come lo stesso Augé ha dovuto riconoscere (a qualche tempo dalla pubblicazione del fortunato volume che ha “battezzato” questi spazi), anche qui può esserci “casa”: vale a dire, relazione, appartenenza, identità. E quindi comunicazione, non più solo esigenza fuggevole e utilitaria, ma rito disteso e appagante di intra-tenimento.
A riprova del quadro che emerge, va considerato un ulteriore aspetto. Negli “interiors” che sono sede della fruizione di dati in mobilità è quasi sempre disponibile una connessione Wi-Fi: connessione che gli intervistati dichiarano in maggioranza di preferire rispetto a quella 3G, anche a discapito della qualità del collegamento. E se invece il Wi-Fi non è disponibile? Allora, sempre secondo lo studio di Cisco IBSG, i nomadi dei mobile data si spostano, migrano, fino a quando non riescono a rintracciarne una. Il gruppo dei “Wi-Fi waiters”, comunemente disposti ad aspettare di essere sotto copertura WiFi per connettersi, arruola seguaci soprattutto quando il collegamento è finalizzato a scaricare o scambiare una mole ingente di dati – come accade nel caso della fruizione video. Un po’ come correre a rifugiarsi sotto un tetto, quando fuori piove: se poi diluvia, la voglia di casa si fa ancora più forte, e allora si cerca un po’ di casa anche nel rifugio di fortuna che si è rimediato, ricreandosi – tra passioni e relazioni – un piccolo mondo su misura.