Rapporto Censis 2007: da “la” televisione a “le” televisioni

Non esiste una sola TV, ma almeno due; quella "festiva" e quella "feriale". Ad affermarlo è il rapporto annuale 2007 del Censis, che conferma  autorevolmente la tendenza della quale questo blog ha fatto la propria bandiera.
Che la televisione non possa più dirsi una è ormai evidente, secondo i ricercatori Censis, che distinguono anzitutto la pay-TV – verso la quale emigrano indiscutibilmente i contenuti più pregiati – dalla TV in chiaro, quella generalista, relegata al ruolo di cenerentola e ridotta a trasmettere programmi (fictino, quiz show, reality) che veicolano da sé l’idea di "povertà".

Leggendo tra le righe si intuisce in realtà che "le" televisioni sono molte più di due. Il rapporto del Censis evidenzia almeno cinque modalità diverse di fruizione del medium televisivo: accanto alla "tradizionale", compaiono la  satellitare, la digitale terrestre, la TV via Internet, via cavo e la Mobile TV.  A differenziarle, i dati di accesso: che parlano di un pubblico giovanile in fuga dalla TV generalista per dirigersi verso le altre forme, di una percentuale crescente di diplomati e laureati che seguono il satellite .

Eppure, siamo certi che si tratti solo di modi diversi di accostarsi allo stesso mezzo di comunicazione?  Le varie "forme" di televisione elencate dal Censis non si distinguono solo quanto all’occasione d’uso, ma anche e soprattutto quanto al device utilizzato per la visione – nella maggioranza dei casi il televisore, ma spesso abbinato a un decoder; senza dimenticare il computer e il videofonino – e alla rete di trasmissione dei contenuti, che specialmente nel caso del satellite, del digitale e del cavo (ma anche per la Mobile TV risulta decisiva) fa la differenza.

Se assembliamo tutti questi fattori, il panorama che ne scaturisce giustifica ancora più pienamente la "moltiplicazione" dei media di cui parla il Censis in apertura dell’apposita sezione del rapporto. Non solo il telefono e il computer oggi si sono tanto evoluti da rassomigliare solo apparentemente ai progenitori di cui abbiamo memoria; ma la stessa televisione non può più essere considerata come un’entità unica, una sorta di tema sulla quale si innestano le variazioni che corrispondono alle diverse abitudini degli utenti che vi si accostano. La combinazione di modalità di fruizione, devices, reti di trasmissione e contenuti, unica e differente in ogni caso, è sufficiente per cominciare a parlare di "televisioni" al plurale (come del resto il rapporto del Censis non manca di fare).

Se questo non è ancora accaduto, si deve probabilmente all’attaccamento che sperimentiamo verso la TV più che verso qualsiasi altro media; quasi fossimo restii ad ammettere che quella che stiamo guardando, come siamo soliti fare, da uno schermo troppo piccolo o troppo grande, con le sue immagini insolitamente distinte o insolitamente interessanti, meriti ormai un nome diverso. 

  • Salvatore Ditaranto |

    In effetti sono discorsi e tendenze che in molti abbiamo osservato. Fà un certo effetto vederli “ratificati” dal Censis. Forse a breve dovremmo incontrarci ad una tavola rotonda e riflettere…

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