Media arabi: l’integrazione passa di qui

Donatella non è solo un’amica: è una ricercatrice in gamba come ce ne sono poche, in grado di interrogare un ambito di indagine con sensibilità e fuori dal (luogo) comune. Il che è particolarmente meritorio, se si pensa che l’ambito che si è scelta è quanto mai controverso, esposto al rischio di essere demonizzato o al contrario esaltato in maniera strumentale. Si tratta dei media arabi (su cui Donatella ha già pubblicato un  libro, dedicato a Al Jazeera): noto ai più sotto la fattispecie delle televisioni, la punta dell’iceberg di questo variegato universo, quanto meno la più visibile dal nostro punto di osservazione occidentale.
L’iniziativa curata ora da Donatella  con il sostegno della fondazione Romaeuropa prova a rovesciare la clessidra, e propone l’Occidente, anziché come spettatore, come oggetto della visione; anzi, della televisione, quella dei paesi arabi, che attraverso i suoi 400 e passa canali satellitari trasmette programmi di intrattenimento, soap opera, videoclip, cartoni animati e persino reality show.

Un semplice plagio, oppure una (ri)lettura dinamica della società occidentale? E’ questa la domanda posta dalla rassegna, intitolata "L’Occidente visto dai media arabi", e ospitata dal  teatro Palladium presso l’Università Roma Tre  durante questo fine settimana. Chi l’ha visitata, o ha partecipato ai dibattiti che l’hanno animata, ha scoperto che, al di là della prospettiva conflittuale sui rapporti tra Oriente e Occidente diffusa specialmente da reti e programmi di informazione, esiste un mondo articolato di sguardi decisamente più complessi sulla civiltà occidentale – e, reciprocamente, più critici verso le chiusure e le durezze dell’Islam. Insomma, se per leggi e religione il mondo arabo sembra lontanissimo dal nostro, esiste una insospettabile linea di continuità tra il sentire "nostro" e il "loro", che passa per il terreno "pop" dell’intrattenimento mediatico cosiddetto "leggero". Quello che troppo spesso, frettolosamente, si vorrebbe estromettere dai confini della "cultura": e che altrettanto spesso mostra invece che la cultura abita proprio qui, dove sono di casa la creatività, la  discussione, la comprensione, e quindi l’integrazione.