Persi nella filosofia

Non che fosse impossibile ipotizzarlo prima. Con quattro protagonisti che si chiamano Locke, Rousseau, Ockham e Hume, il minimo che veniva da pensare era che gli autori di "Lost", il magnifico telefilm arrivato quest’anno alla sua terza serie (e di cui gli appassionati non si libereranno fino al 2010), fossero appassionati di filosofia. Adesso però a sostenerlo arriva un libro, pubblicato qualche settimana fa da Blackwell, dall’inequivocabile titolo "Lost and philosophy".
La tesi articolata nei vari saggi dei contributori è che il telefilm di culto sia un vero e proprio show filosofico, che nell’articolarsi sempre più intricato degli eventi che si susseguono racchiuda la trattazione di alcune delle questioni fondamentali della storia del pensiero, come quelle sulla verità, sull’etica, sull’identità e sull’ntersoggettività. Che le vicende di "Lost" fossero un eloquente specchio della condizione umana, era in effetti già evidente: lo smarrimento in un territorio inesplorato e potenzialmente ostile, la ricerca di una interpretazione affidabile della realtà, il continuo dubbio sulla possibilità di fidarsi degli altri, e sopra tutto la domanda sul senso complessivo delle cose. Ma il fatto che siano i ricercatori a dirlo (con linguaggi e metodologie familiari agli addetti della disciplina, forse più che ai semplici appassionati) offre un nuovo, forte sostegno all’idea che la cultura "pop" – quella televisiva, in particolare – meriti pienamente questo nome, che spesso si vorrebbe negarle in nome di una distinzione ormai caduca tra materie "alte" e materie "basse" del sapere.
Per chi volesse farsene un’idea direttamente, il libro è disponibile qui: al momento, solo in inglese (sperando in una prossima, celere traduzione italiana) Per chi invece avesse commesso l’imperdonabile peccato di perdersi le puntate di "Lost" finora trasmesse, è possibile correre ai ripari visionando questo incredibile filmato, che riassume tutto il telefilm in otto minuti e quindici secondi.