Blip.tv: più “network” che “televisivo”

A leggere l'interessante ritratto che Andrea Materia traccia di blip.tv, sembra emergere un quadro che scardina non solo l'attuale panorama mediatico, ma i criteri stessi di identificazione di un media. O per meglio dire, di un network televisivo: perché di questo, in soldoni, si tratta, malgrado la vastità di piattaforme su cui i contenuti sono disponibili e la programmazione non-lineare, che sembrerebbero allontanarlo dal tradizionale significato del concetto.

Si può ancora parlare di televisione, quando il device di erogazione è prevalentemente lo schermo di un PC o di un iPhone? Si può ancora parlare di televisione, quando i programmi sono per lo più forniti on demand e fuori dalla sequenza più comunemente nota come palinsesto? Si può ancora parlare di televisione, quando i contenuti sono frutto di produzioni indipendenti, provenienti da chiunque osi proporle, sfidando il comune senso del copyright e lontano dai modi e toni più cari alla TV generalista? 

La risposta dovrebbe essere negativa, se per televisione intendessimo ancora un mezzo di comunicazione di massa: massa che in questo caso resta fuori dagli intenti e dagli esiti del progetto, vicino per sua natura alle nicchie tanto per quel che riguarda le modalità di fruizione che il lato editoriale. Realtà come Blip.tv acuiscono il dubbio che questa massa sia ancora indispensabile per definire la TV: ma anche il dubbio che sia ancora indispensabile usare il termine stesso di televisione, per definire qualcosa che ha certamente più a che fare con una cultura del network ormai francamente transmediale.

  • Salvatore |

    Cara Paola,
    Il tuo interessante post pone l’accento su un aspetto rilevante della società 2.0: il fenomeno della coda lunga. La diversificazione dei media (intesa sia come multi-medialità che come cross-medialità) e la disponibilità di contenuti variegati, possibile grazie alla rete Internet, permette la creazione di culture di nicchia e lo sviluppo di un sistema di fruizione dei contenuti in configurazione non più verticale, ma fortemente orizzontale, decentralizzata e spalmata su differenti fasce di utenti.
    I media tradizionali sono ora costretti a cambiare le proprie metriche e non possono più parlare di massa critica associata in maniera concentrata ad un canale o ad una particolare tematica scelta (imposta?) dall’alto. Infatti l’interesse e l’attenzione dei consumatori e del pubblico, oramai liberate, si sfaccettano, si diversificano e si concentrano su più argomenti e prodotti per i quali essi hanno uno spettro sempre più ampio di scelta, anche grazie alla produzione e all’offerta derivante da canali non ufficiali, come quelli del pubblico attivo e degli spettautori (contenuti generati dagli utenti).
    La vecchia società dei media gerarchica e unidirezionale lascia il posto ad una struttura crossmediale a rete con relazioni di tipo bidirezionali.

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