Che a più di dieci anni dalla prima edizione del "Grande Fratello", e malgrado le alterne vicende dello share (ultimamente in netta ripresa), ci fosse ancora un migliaio di giovani disposti ad accalcarsi per ore, anche in notturna, pur di partecipare alle selezioni per il GF12, potrebbe sembrare inverosimile. Ma l'incredulità si attenua, quando si considera che tutto questo è accaduto in Sicilia, e in particolare a Catania, dove lo scorso 29 luglio gli aspiranti gieffini si sono accodati già dalla sera precedente per aggiudicarsi il loro minuto di celebrità, e forse qualcosa in più.
L'incredulità si attenua, e lascia il posto a una riflessione – come quella già condotta sulle audience del Grande Fratello – sul vincolo biunivoco che lega protagonisti e spettatori di questo reality, entrambi significativamente provenienti dal sud. Secondo l'ultima analisi di Grasso, basata sui dati della Geca di Massimo Scaglioni, pur essendosi trasformato nel corso degli anni (smentendo di volta in volta le insinuazioni di chi lo avrebbe voluto programma per donnicciole, per ignoranti o per ragazzini), il pubblico del GF continua a mantenere il suo zoccolo duro al Meridione. E proprio in questo Meridione, immancabilmente, lo stesso pubblico conferma la sua partecipazione all'"evento mediale" candidandosi a passare dall'altra parte della telecamera.
I ragazzi del GF sono insomma gli stessi che un attimo prima sgomitavano per fare il loro ingresso nella casa: è emblematico il fatto che a Catania fossero presenti come "special guest" due partecipanti della scorsa edizione, originari della stessa città. Certo, la "promozione" può non durare: gli stessi protagonisti dello spettacolo possono regredire a illustri sconosciuti, buoni per essere ripescati in qualche edizione di altri reality basati sui quasi-VIP, e poi destinati all'oblio: ma non succede forse la stessa cosa a tante cosiddette blogstar, o idoli di YouTube?
Il che suggerisce qualche riflessione su un fenomeno che viene comunemente attribuito pressoché in esclusiva ai new media, e in particolare di tutti quelli che afferiscono in qualche modo al reame interattivo e partecipativo del Web 2.0. Se si considera il panorama mediatico allargato dell'ultimo ventennio, si scopre come il passaggio da semplici spettatori a protagonisti, l'osmosi a più livelli tra pubblico e attori, l'interscambio tra consumo e produzione ha rappresentato un elemento distintivo, affatto confinato alle avanguardie tecnologiche. In questa prospettiva, più che aver determinato il cambiamento mezzi come le web TV, i blog, i siti di condivisione di news e video, i wiki, i social network sembrano averlo intercettato e interpretato, con modalità e tempi tipici della loro configurazione mediale.
Come scrive Jean Burgess in un meritorio saggio raccolto nel volume collettaneo "Television as digital media", il carattere attivo e partecipativo dell'audience non è un'esclusiva di YouTube: decenni di Cultural Studies, ben prima della rivoluzione di Internet, hanno insistito proprio su questo punto. Varrebbe la pena di rileggerli, per riconsiderare lo stereotipo ancora oggi imperante, che vuole contrapposti i "passivi" pubblici della TV tradizionale agli scatenati prosumers (e, per inciso, le ignoranti e giovanissime donnicciole meridionali del GF ai "geeks" di Freaks), da una prospettiva completamente diversa.