Il pomeriggio di ieri alla Social Media Week di Milano, a parlare di "Narrazioni convergenti" (per chi non c'era, da rivedere qui), è stato impegnativo e coinvolgente – quasi come una serie di Lost. Proprio Lost ci ha dato l'occasione di rispondere alla domanda dalla quale eravamo partiti: è vero che (come qualcuno sosteneva) la TV sociale serve alla comunicazione, alla diffusione, alla promozione del contenuto – ma non entra nel contenuto, non lo condiziona, non lo tange?
E' stata Romana Andò, presentando insieme a Alberto Marinelli il libro fresco di stampa su questo unicum non solo televisivo, a dissipare ogni dubbio sul fatto che no, l'interazione e la condivisione da parte delle audience non si fermano alle soglie della narrazione: ma vi entrano con tutte le scarpe, e non ne escono prima di averla rivoltata da cima a fondo. E lo fanno perché le audience non sono, non sono mai state, passive: ricerche come quella condotta da Massimo Scaglioni attraverso l'etnografia virtuale lo dimostrano, oggi più che mai.
Ma quando ormai ascoltavamo i relatori confermare questa evidenza l'uno dopo l'altro, è arrivato Fabio Guarnaccia, direttore di Link Mediaset, che ha lanciato nello stagno un sasso a dire il vero più simile a un macigno. La Rete, pur essendo un bacino di attività variegate, fecondo e magmatico, non crea nuovi modelli di narrazione: lo stesso caso di successo di "Freaks" è, in fondo, ancora riconducibile – almeno latamente – alle logiche del broadcasting. Nemmeno a farlo apposta, da queste parti avevo suggerito un paio di post fa il sospetto che la partecipazione dei pubblici fosse un fenomeno più vasto di quanto la prepotente ribalta della social TV potesse lasciar trapelare (e che in fondo tra i geek e gli aspiranti gieffini non ci fosse un divario sostanziale, ma solo una gradazione di distanze).
Davvero ci sono più cose in TV di quante possiamo immaginarne nei nostri social network? Quanto nuove sono le storie dei "nuovi" media? E se fosse tutto, ancora - per parafrasare Nietzsche – "televisivo, troppo televisivo"? Ci vorrebbe un altro convegno per affrontare la domanda, e mettere a confronto le possibili risposte – e non è detto che prima o poi non ci sia. Ma per adesso, potremmo accontentarci di averla posta.