La vera notizia dei Los Angeles Screenings 2012 – uno dei maggiori appuntamenti dell’anno per chi si occupa di contenuti TV – è la Rete. Per dirla meglio: la notizia è che una grande parte degli upfronts, le presentazioni degli show che detteranno legge nella nuova stagione televisivi, quest’anno è stata anticipata via Twitter, con tutti i commenti e le reazioni annesse e connesse. Come ha notato Ed Waller, direttore editoriale di Channel21, mentre in passato il segreto sul lancio di nuove serie veniva gelosamente custodito almeno fino alla tradizionale presentazione newyorkese, quest’anno il corredo “social” delle produzioni – con tanto di hashtag e link su Facebook – è diventato nativo della serie stessa, in modo da permettere e anzi stimolare il coinvolgimento dei fan sin dall’inizio, senza aspettare la trasmissione in TV prevista nella gran parte dei casi per l’autunno.
Un trend che dimostra come gli Studios e i network abbiano ormai metabolizzato la lezione della social TV e del potere del fandom, disponendosi a raccogliere feedback sul prodotto già in sede di presentazione, e utilizzandoli quindi come verifica sul gradimento da parte del futuro pubblico. Si tratta di un test particolarmente importante, in un momento in cui, data la crisi, la gran parte delle puntate “pilota” viste agli Screenings è suscettibile di rimanere l’unica della sua specie, se non adeguatamente accolta dai buyers e poi dall’audience potenziale. Ma l’importanza dei new media per il mercato TV non si ferma qui, se è vero che sono proprio i rappresentanti delle piattaforme innovative, in qualche caso, a decidere se le produzioni proseguiranno o meno. E infatti, nella lista dei Key Acquisition Executives compaiono stavolta a pieno titolo anche team di addetti alle acquisizioni di contenuti come quello di Amazon, di Hulu, o di Netflix, oltre che di Apple, Google e Vodafone: il destino di alcune delle serie TV già prodotte o in via di produzione è nelle loro mani, e non più soltanto – come fino a qualche tempo fa – in quelle dei broadcaster tradizionali.
C’è chi contesta questa partecipazione, trattandosi di players che vivendo in Rete potrebbero tranquillamente fare a meno di condividere e accreditare una cerimonia come quella degli upfronts, che nell’era digitale secondo alcuni rischia di non avere più molto senso. Eppure, gli stessi rappresentanti di questo mondo digitale, che fino a qualche tempo fa sostenevano si trattasse ormai di uno “stanco rito”, si sono infine a loro volta prestati ad accreditarlo. Soprattutto da quando gli stessi new media, che fino a poco tempo fa si erano limitati a distribuire contenuti nativi del “primo schermo”, sono entrati nel business della produzione, commissionando show originali da trasmettere in anteprima sulle “nuove TV”. I casi di Hulu, Netflix, ma anche YouTube sono esemplari: eppure, secondo Brad Adgate di Horizon Media, malgrado l’incessante migrazione dei nuovi contenuti su altri schermi, la televisione tradizionale – e il suo indotto – restano trainanti. Di certo si trasformeranno ancora, magari allargandosi: ma senza cedere a quell’”inarrestabile declino” troppo spesso, e prematuramente, decretato.