Elezioni eccezionali, quelle appena concluse, lo sono state in tutti i sensi. All’esito sorprendente del voto corrispondono infatti sorprese ancora maggiori dal punto di vista della comunicazione elettorale. Affermarlo non significa però tributare al Web una “vittoria” parallela all’affermazione del Movimento 5 stelle, il quale ha fatto di Internet – in opposizione ai “vecchi” media, dalla stampa alle affissioni alla TV – non solo il “suo” medium, ma un vero e proprio messaggio. Mai come questa volta, l'eccezione rischia di confermare la regola.
Aprendo la presentazione dei risultati dell’Osservatorio Mediamonitor Politica della Sapienza di Roma, diretto da Mario Morcellini, Michele Prospero si è espresso contro l’idea che il successo dei “grillini” sia l’inevitabile portato della Rete e delle sue potenzialità, secondo un determinismo tecnologico che suona almeno ingenuo. Postulare una coincidenza tra gli elettori del M5S e i frequentatori del blog di Grillo, dei suoi profili Facebook o Twitter, o anche solo dei navigatori abituali, magari dotati di connessione a banda larga, sarebbe del resto quanto meno azzardato. Stando ai risultati ottenuti finora, si direbbe piuttosto che il Movimento abbia raccolto l’eredità di tradizioni come quella del civismo (forte, non a caso, soprattutto in Emilia, dove i grillini hanno conquistato il comune di Parma), o della protesta popolare (come nel caso dei “forconi” siciliani). Se i Meetup hanno potuto sostenere un movimento politico di rilevanza nazionale, è anche e soprattutto perché hanno messo capo a incontri fisici tra gli aderenti, che si sono conosciuti, rivisti, organizzati, indirizzati verso azioni comuni – tutte cose che il solo web, senza una dimensione extravirtuale, non avrebbe consentito loro di fare.
I dati raccolti dall’Osservatorio, presentati nel corso del seminario di studi ”T(v)witter – Una campagna eccezionale”, mostrano peraltro chiaramente come Beppe Grillo, malgrado le dichiarazioni e i veti antitelevisivi, sia stato tutt’altro che assente dal piccolo schermo, “costringendo” piuttosto la TV a parlare di lui. A partire soprattutto dall’inizio di febbraio il giornalismo lo ha costantemente “inquadrato” in “frames” diversi (voto di protesta, elemento di cambiamento, forza antidemocratica, elemento di instabilità nazionale e internazionale, pericoloso e antisistemico, esperto di comunicazione ma poco adatto a governare). Gli anatemi di Grillo e dei suoi (non i primi a lanciarli, a dire il vero) contro la televisione appaiono anch’essi fuori tempo massimo, nel momento in cui – come mostrano le analisi dell’Osservatorio su Twitter – media digitali e media generalisti, TV e social network costituiscono ormai un unico ecosistema mediale. Ecosistema in cui a dettare l’agenda resta la televisione: il quadro dipinto dal monitoraggio dei tweet, retweet e hashtag mostra una timeline che si lascia guidare dal piccolo schermo, soprattutto per quanto riguarda le interazioni da utenti a candidati, ma anche quelle senza specifico oggetto. Come controprova, la quantità delle interazioni per le varie trasmissioni appare proporzionale rispetto agli ascolti ottenuti dalle trasmissioni stesse.
Eppure, dedurre l’esistenza di una correlazione automatica tra presenze in TV e risultato elettorale sarebbe errato: basti pensare che i due candidati più assidui sul piccolo schermo sono stati Oscar Giannino e Antonio Ingroia. Guardando alla campagna elettorale in maniera integrata, come l’Osservatorio si è proposto di fare, si scopre che una simile correlazione non si dà neppure nel caso dei new media: Pierluigi Bersani ha riscosso su Twitter un numero di mention superiore a quelle di tutti gli altri, precedendo nell’ordine Oscar Giannino, mentre Grillo in questo ranking si posiziona all’ultimo posto, superato da Ingroia. In base all’analisi dei dati sul social network, il comportamento degli utenti che twittano è in effetti assimilabile a quello dei “fan”: raramente seguono più trasmissioni o più candidati, ma si concentrano su una sola apparizione e sul loro politico di riferimento, senza mai sfruttare davvero l’occasione offerta dal micro-blog per prendere la parola.
Se non basta la TV, insomma, non basta neppure la Rete per capire il successo di Grillo: lo studio dei tweet diffusi in occasione dell’evento conclusivo dello “Tsunami Tour”, la manifestazione in piazza San Giovanni, mostra in pari misura commenti positivi e negativi, che da un lato sottolineano il cambiamento ma dall’altro stigmatizzano la censura alla stampa e la verve antidemocratica. A dare la lettura più convincente del fenomeno, in conclusione del seminario, è stato Marco Damilano, giornalista dell’Espresso, che ha richiamato l’attenzione sulla dimensione “reale”: sulla presenza di Grillo nei luoghi-simbolo della crisi (come l’ILVA), unico tra tutti i candidati, e sulla sua capacità di riempire le piazze, a dispetto dell’etichetta di “politico del web”. Una contraddizione tra le tante altre di questa campagna, che a dispetto della sua eccezionalità conferma la regola.
Le presentazioni con le analisi dell’Osservatorio Mediamonitor Politica sono consultabili all’indirizzo http://www.mediamonitor-politica.it/node/276