Dove sono i soldi? Non dalle parti della nuova TV, sembra. Dal punto di vista dei ricavi totali, la cosiddetta “TV Everywhere” non sembra destinata a contribuire in maniera significativa al business televisivo: secondo gli analisti di The Diffusion Group, il mercato TV conoscerà una crescita molto relativa nei prossimi anni, almeno fino al 2020. E questo malgrado l’apporto delle nuove piattaforme, e le entusiastiche previsioni che negli anni hanno attribuito loro aspettative di crescita esponenziale: al contrario, i frutti non saranno evidenti che alla fine del decennio. Anche quando i soldi sembrano arrivare, peraltro, c’è chi insinua dubbi: persino in un caso di riconosciuto successo, come quello di Netflix. I margini del servizio di videostreaming appaiono infatti nettamente inferiori rispetto a quelli assicurati dal “vecchio” segmento dei DVD, il business originario della società. Per quanto Netflix sia tuttora premiata dagli investitori, questi valutano soprattutto la rapidità della sua espansione internazionale, più che la profittabilità, sulla quale gli analisti avanzano più di una perplessità.
Allo stesso modo, lo streaming musicale sembrava velocemente destinato a far dimenticare il declino delle vendite di CD, ma anche dei download di brani: e invece, pur in un contesto di ricavi in moltiplicazione, si parla sempre di ordini di grandezza non comparabili né a quelli generati dal download, né tanto meno a quelli dei supporti fisici nei tempi d’oro. Il problema sembra più generale, insomma: se qualche tempo fa erano solo pochi, impopolari scettici a mettere in guardia dal fascino delle teorie sulla “sostituzione”, che volevano l’affermazione dei nuovi formati mediali a discapito dei vecchi, ormai languenti, oggi sembrano gli stessi dati provenienti dal mercato a consigliare maggiore cautela, e a suggerire una revisione della prospettiva per tornare a rivedere i soldi.