Il confronto con l’emergenza sanitaria di questi giorni ha costretto la nostra società a valutare alternative al confronto interpersonale, supportate dalle tecnologie digitali di videocomunicazione e condivisione. Dalle imprese alla scuola, dalla formazione alla convegnistica, tutti in queste ore parlano di soluzioni “smart”, tanto che qualcuno si sente in dovere di fare i primi distinguo. Si può o non si può parlare di “smartworking”, o è meglio dire “telelavoro”? E se lo chiamiamo “smart”, tutto il resto diventa “stupid”? E l’importanza della socializzazione dove la mettiamo?
Obiezioni legittime, che però non tengono conto del contesto. Nessuno sostiene che il lavoro a distanza sia generalizzabile (nessuno lo ha mai sostenuto, neppure tra chi storicamente ha lavorato per lo sviluppo di questa forma di attività), né che sia fattibile a prescindere da qualsiasi precondizione (come le dotazioni di sicurezza), così come nessuno auspica per le aule scolastiche e formative un futuro di vuota solitudine.
Quella cui assistismo grazie all’irruzione del coronavirus è un’accelerazione di riflessioni e decisioni che richiedono certamente ponderazione, ma a cui non nuoce un “nudge” che ne riveli la fattibilità più immediata, e l’utilità più ampia, di quanto si pensi. In questa occasione, alcuni ostacoli che sembravano insuperabili sono stati ridimensionati o totalmentente accantonati, sia dai capi azienda che avevano finora escluso decisamente ogni “cedimento” alla presenza virtuale, sia dai clienti che hanno improvvisamente scoperto la facilità e la comodità delle videocall, sia dagli insegnanti che pur disponendo di piattaforme di didattica digitale si erano sempre ben guardati dall’utilizzarle al pieno delle loro potenzialità.
Se qualche beneficio deriverà da questa accelerazione, non potremo che beneficiarne tutti, posta la necessità di tornare poi a fare le dovute distinzioni e ad applicare i necessari correttivi. Ma lo shock subito avrà avuto il merito di distoglierci dai tanti, inessenziali fattori solo apparentemente ostativi per richiamarci all’essenziale: nel male, tenendo in piedi solo i problemi reali che lavoro, riunioni e lezioni a distanza incontrano; così come nel bene, evidenziando lo straordinario contributo che ancora una volta l’innovazione può dare alla nostra vita, a tutti i livelli.