So che può risultare impopolare, di questi tempi, parlare bene di un libro edito dalla RAI. Le cose peggiorano poi se uno dei curatori del libro è Carlo Nardello, "guest star" delle intercettazioni pubblicate da Repubblica; e precipitano addirittura se la prefazione si deve nientemeno che all’imputata numero uno, Deborah Bergamini (sul cui personaggio rimando alla bella intervista di Cristina Tagliabue). Eppure, il volume edito da RAI ERI (e presentato qualche tempo fa alla LUISS), dedicato al concetto di marketing televisivo, mi sembra interessante e necessario. Non solo, e non tanto, perché tenta di affermare la necessità delle pratiche di mercato in un ambito – quello televisivo – il quale finora le ha pressoché misconosciute, come molti ambiti editoriali; ma soprattutto perché mostra come sapere di marketing sia necessario per la televisione pubblica, come e più che per quella commerciale.
Insomma, vista la completezza e la competenza dei saggi raccolti nel volume, il lavoro di questi dirigenti in RAI non deve poi essere stato tanto male. Soprattutto, nel merito, il contenuto degli studi mi ha persuaso ancor di più di quanto già non lo fossi che "pubblico", nel servizio radiotelevisivo, non è un sostantivo, ma un aggettivo: non un luogo fisico, pesante, sovietico, gravato da una proprietà statale che finisce per generare mostri (come dimostra la storia infinita delle collusioni della RAI con la politica, che non sono nate e non finiranno di certo con Berlusconi); ma un compito da svolgere, al cui adempimento può risultare altrettanto se non maggiormente adatto un soggetto privato, che abbia dimostrato in una pubblica contesa di essere in possesso dei requisiti richiesti a diffondere contenuti di interesse pubblico.
A chi continua a ritenere inconcepibile o persino criminoso che tra i dirigenti delle due principali aziende radiotelevisive del paese esista un filo diretto per confrontarsi su palinsesti, interruzioni pubblicitarie, servizi dei telegiornali e quant’altro, non serve ricordare che un simile sistema esiste e funziona egregiamente da anni per le testate giornalistiche – e fuori dal settore editoriale persino per le grandi aziende manifatturiere o di servizi. Potrebbe invece essere utile consigliare loro di sfogliare il libro di Nardello e Pratesi: giusto per rendersi conto di dove finisca la fisiologia e di dove cominci la patologia – indicativamente molto, molto più in là di quanto si creda. Mai come stavolta è il caso di dire: honni soit qui mal y pense.