Leggo in ritardo il bel post di Lorenzo sul dialetto nelle televisioni locali, e mi sento di sottoscriverlo. Almeno in parte: perché, se è vero che è improbabile che l'illusione dialettalista delle TV locali sopravviva alle prime prove, è altrettanto vero che il frutto di connubi come questo sono spesso entità completamente nuove.
Ogni tentativo riduzionista, nel campo della cultura, è destinato a fare poca strada: e questo vale in particolare per i media, dai più elementari (o presunti tali), come la lingua, ai più complessi, almeno tecnologicamente, come la televisione. Se è vero che la lingua italiana non ha soppiantato i dialetti, come qualche linguista si sarebbe aspettato grazie al supporto del piccolo schermo, è altrettanto vero che i nuovi media non hanno soppiantato la TV, che continua ad evolversi godendo di ottima salute.
Ma, proprio come il frutto dello sposalizio tra la televisione e Internet, o tra la televisione e i telefonini, sono nuove creature, figlie di un'evoluzione quasi darwiniana che conduce alla moltiplicazione degli abitanti dell'ecosistema mediatico, così allo stesso modo l'incontro e lo scontro tra la lingua "ufficiale", i dialetti e i gerghi mediatici, specialmente se avviene sul terreno di un potente trasformatore culturale come la TV, potrebbe partorire codici inauditi. Forse dunque la nuova televisione non sarà tanto tale per via dei sistemi di trasmissione più avanzati in procinto di essere adottati, ma soprattutto grazie all'esplosione di un caleidoscopio culturale – e dunque linguistico – derivante da questa contaminazione: né italiana, né dialettale, ma non per questo necessariamente meno comprensibile.