TV interattiva, chi l’ha vista?

L'inarrestabile corsa verso il digitale terrestre nel nostro paese non sembra volersi trascinare dietro un'altrettanto inarrestabile evoluzione verso la televisione interattiva. Non che sia un'esclusiva italiana: dappertutto, i molteplici (e trionfali) annunci sull'arrivo, finalmente, dell'interattività sul piccolo schermo hanno troppo spesso lasciato il campo a delusioni. Delusioni dovute, in massima parte, a un fraintendimento di fondo, che ha spinto i broadcasters a rincorrere modelli di stampo digitale, estranei alla TV: salvo poi trovarsi a fronteggiare l'inadeguatezza del mezzo e l'indifferenza del suo pubblico.

La pubblicità interattiva, come scrive bene Michael Kokernak, è un esempio lampante di questo meccanismo, che ha visto la traduzione forzata di strumenti come banner e interstitials in spot ibridi, ospitati da EPG tutto fuorché user friendly, che nella maggior parte dei casi disturbano anziché invogliare il navigatore.Nel frattempo, si sono perse per strada le altre, ottime occasioni per instaurare tra la TV e i suoi spettatori un rapporto che tenesse conto dell'evoluzione del mezzo: voting, polling, community continuano ad essere appannaggio di reti diverse da quella televisiva e semplicemente "infiltrate". Nel frattempo, gli spettatori non sembrano intenzionati a migrare in massa verso il PC, abbandonando gli schermi più o meno catodici: semplicemente, com'era naturale, i due mezzi convivono, con due funzioni e due fruizioni diverse.

Per questo, se il matrimonio tra piccolo schermo e web 1.0 è fallito, non è detto che basti ora corteggiare il web 2.0 per assicurare che l'unione felice: non è detto che applicare l'indicizzazione alla Google, o le dinamiche di social networking al piccolo schermo, possa funzionare automaticamente. L'interazione sociale tra gli spettatori somiglia decisamente poco a quella che si svolge in Rete: e uno studio ragionato delle sue regole gioverebbe non soltanto agli ideatori di programmi e palinsesti, ma alle indagini sulla formazione del consenso e del dissenso. Per comprendere la direzione in cui la nuova TV procede si guarda troppo spesso nella direzione sbagliata: vale a dire, fuori dalla TV stessa.