Aperta o chiusa? Il dilemma della post-televisione

Il matrimonio tra  TV e WEB, tra broadcast e broadband, da tempo annunciato, sembrerebbe finalmente poter essere celebrato, grazie alla comparsa sul mercato delle Connected TV (delle quali parlavamo, almeno in parte, nel precedente post). Eppure, perché lo scambio di anelli avvenga, manca ancora qualcosa – almeno nell'ottica di chi pensa (ancora!) che portare il cosmo internettiano sul piccolo schermo sia semplice come travasare una bottiglia d'olio con un imbuto.

Cosa passerà davvero del WEB nei televisori? I vari esemplari di connected TV immessi in circolazione rappresentano risposte diverse a questa domanda. che riflettono le diverse industrie, e quindi culture, da cui provengono i promotori dei rispettivi progetti. Per alcuni, come LG o Panasonic, il modello resta quello del "walled garden", di stampo prettamente televisivo: applicazioni e contenuti da terze parti sono banditi da un ambiente di interazione che somiglia a quello dei primi portali WAP per i cellulari. Per altri, come Philips, le applicazioni sviluppate da partner esterni sono ammesse, purchè sottoposte a un processo di validazione e approvazione che di fatto li riconduce sotto il controllo del produttore. Per altri ancora, come Yahoo!, è giocoforza puntare sull'apertura che caratterizza la Rete dalla quale trae la sua forza; ma nemmeno stavolta questo significa navigazione libera come su Internet (non a caso il claim è "il meglio del WEB, adattato alla TV"), bensì libera popolazione del catalogo di widget su cui Yahoo! punta come elemento distintivo.

Se dai TV connessi si allarga lo sguardo ai devices OTT – vale a dire, a quella serie di apparati che, collegati a un televisore e alla linea telefonica, consentono di fruire di contenuti e applicazioni dalla Rete sul piccolo schermo di casa – la situazione non cambia. Con l'aggravante che in questo scenario, com'è ormai noto, si appresta a entrare Google, ovvero l'attore di mercato che più di ogni altro viene associato alla libertà e all'apertura della Rete. Il che, tradotto sul piccolo schermo, dovrebbe significare: applicazione della potenza di ricerca del noto motore al più ampio novero dei contenuti non solo Internet, ma anche televisivi, che siano free o a pagamento, che siano su canali lineari o in video on demand. Dovrebbe davvero? Come ha scritto Arnold Waldstein, domandandosi se Google si limiterà a "webificare" la TV: " We are all sitting on our couches with iPads and laptops and phones.
This is not going to change."

Basterà Google a scardinare una volta per tutte, come già accaduto per la telefonia mobile, il modello del "walled garden"? Davvero è possibile travasare il WEB nella TV senza limiti, senza filtri, forse neppure senza adattamenti? E soprattutto: gli utenti, che in questo caso non sono solo navigatori ma anche, soprattutto, telespettatori, vorranno davvero gettarsi in questo "mare magnum", piuttosto che rimanere ranicchiati dietro la rassicurante siepe del giardino di casa?

  • Maurizio Agelli |

    Il web per fortuna non è un walled garden. Quello che serve è qualcosa che filtri i contenuti dal web e li riaggreghi in un format televisivo in modo da erogarli come un normale canale TV.
    Il tutto si può fare a casa dell’utente, e in automatico.
    La tecnologia c’è, i contenuti anche.

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