In famiglia, davanti alla (nuova) TV

Se James Lull avesse voluto scrivere oggi un titolo per il suo saggio Inside family viewing (tradotto nell’edizione italiana In famiglia, davanti alla TV), avrebbe forse dovuto scegliere: o in famiglia, o davanti alla TV. O almeno, questo parrebbe stando all’ultimo rapporto annuale di OFCOM, salutato dalla stampa come il requiem per la classica visione domestica familiare  e allo stesso tempo l’annuncio dell’affermazione del nuovo stile di fruizione: il binge viewing.

E’ proprio questo il messaggio del rapporto? Il ritratto del nuovo salotto domestico era già emerso proprio nella ricerca annuale dell’OFCOM: il Communication Market Report del 2013 parlava infatti di “reinvenzione del salotto degli anni ‘50”, notando come l’avanzata degli smartphone e dei tablet  avesse favorito la crescente abitudine (estesa già allora a più di un quinto della popolazione, il 22%) alla contemporanea fruizione di più schermi nella stessa living room. La rottura dell’unità di visione e la corrispondenza tra i diversi schermi e i diversi membri della famiglia era dunque un dato già acquisito qualche anno fa: oggi, solo il 30% dei britannici dichiara di guardare ogni giorno lo stesso programma, sullo stesso schermo, insieme ai familiari, mentre il 70% lo fa almeno una volta alla settimana.

Eppure le buone vecchie abitudini sono dure a morire: almeno la metà dei britannici inizia la sua esperienza davanti allo schermo semplicemente accendendo il televisore per vedere cosa danno sui canali tradizionali, e il 91% dichiara di guardare la TV live almeno una volta a settimana. Certo, se si scende nel dettaglio delle fasce anagrafiche i dati si divaricano: il “broadcasting divide” tra ultrasessantaquattrenni (5 ore e 44 minuti di TV live al giorno, 50 minuti in più di 10 anni fa) e millennials (1 ora e 54 minuti, 41 minuti in meno di 10 anni fa – quando la fascia anagrafica raccoglieva una popolazione radicalmente diversa da quella di oggi) va letto insieme all’ “on demand divide” tra la percentuale di ultrasessantacinquenni che guarda in sequenza episodi di serie TV (il 29% mensilmente, il 16% settimanalmente, nessuno quotidianamente) e la stessa percentuale riferita ai giovani (l’82% mensilmente, il 62% settimanalmente, l’11% quotidianamente). Considerando la durata media di un episodio, il dato è indicativo della dilatazione del tempo dedicato allo streaming, che nel complesso interessa il 35% dei britannici almeno una volta a settimana: siamo comunque ancora lontani da un’incidenza significativa sul tempo di visione complessivo, che sulle 3 ore e 51 quotidiane registra tuttora un contributo della fruizione televisiva tradizionale pari a circa tre ore e mezza.

Al di là dei tempi, i dati raccontano un altro tipo di distanza. Le suddette tre ore e mezza, stando ai dati di OFCOM, sembrano essere dedicate principalmente agli eventi e alle competizioni sportive (rispettivamente il 58% e il 45% degli intervistati sceglie il broadcasting per questo tipo di visione), oltre che all’informazione (il 57% preferisce la televisione tradizionale per questo scopo ai servizi on demand e ai social media), ma includono anche una buona componente di “rumore di fondo”. Il 20% degli intervistati dichiara infatti apertamente che questa è la finalità con cui accende il televisore: un utilizzo che stride con lo scenario dischiuso dal binge watching. Un terzo degli spettatori che lo praticano ha rinunciato al sonno, accusando stanchezza, più di un quarto ha trascurato le faccende domestiche, e tra i più giovani il 22% ha messo in secondo piano i propri compiti scolastici.

Una visione dunque quanto mai intensiva, che divarica le due esperienze non solo in termini di quantità, ma anche di qualità. Ci avviciniamo al momento in cui i due organismi nati dallo stesso antenato, e che hanno condiviso finché è stato possibile una buona parte del loro corredo genetico, specializzandosi sempre più, daranno origine a due specie diverse, che manterranno la parentela con il progenitore ma non tra loro. E’ dunque la fine del mondo come lo abbiamo conosciuto? Ancora no. La visione domestica della famiglia raccolta nel salotto di casa, da cui eravamo partiti, cambia pelle ma non scompare; più che mai darwinianamente, anzi, senza smettere di radunarsi davanti al vecchio medium abbraccia anche il nuovo. Tornando al binge viewing, infatti, dal rapporto OFCOM emerge che il 46% degli intervistati lo pratica insieme alla famiglia e agli amici: proprio come accade per una partita di calcio, per un evento in diretta, per qualsiasi altro appuntamento televisivo intenso e coinvolgente, la visione ideale è quella in buona compagnia, a casa. La nuova TV non sarà dal vivo, ma di sicuro è viva: e come tale si prepara a ereditare il ruolo di condivisione domestica delle passioni che la TV tradizionale, quando non trasmette il mondo in diretta, si prepara a lasciar cadere. Di certo, insomma, il salotto continuerà ad essere abitato, e il suo schermo principale ad attirare una famiglia di sguardi su di sé.